non è una ragione per uccidere
non è una ragione per uccidere

“Non è una ragione per uccidere” l’hashtag per sperare. La Russia si solleva dopo l’omicidio-suicidio per ristabilire cosa conta. E cosa no. 

“Ogni donna merita di essere ascoltata. Le donne russe sono molto poco ascoltate”. Così la user russa su Instagram @2day4night per “non è una ragione per uccidere”, l’hashtag nato da un orribile fatto di cronaca.

La studentessa universitaria diciannovenne Tatyana Strakhova è stata stuprata e uccisa dal compagno di stanza ed ex-ragazzo Artem Iskhakov a Mosca. Sul social network russo VKontakte il ragazzo ha descritto in dettaglio il suo gesto prima di suicidarsi.

Il tragico epilogo ha scatenato un violento dibattito in Russia. Specialmente dopo che la presenza della studentessa sui social ha scatenato riprovevoli accuse. Nello specifico, Strakhova è stata accusata di aver provocato l’attacco.

Foto che la ritraevano con alcolici o in posizioni seducenti sarebbero la ragione. Il suo account Instagram si è riempito di commenti sulla sua morte, con alcuni pronti ad accusarla di “essersela cercata”.

Non è una ragione per uccidere
Non è una ragione per uccidere

La protesta sui social nasce allora quando la blogger bielorussa @2day4night ha postato una foto con l’hashtag “questa non è una ragione per uccidere”

 

La blogger scrive spesso di femminismo, positività per argomenti quali il proprio corpo o il sesso. “Nella nostra cultura, la donna è accusata di ogni cosa. Se avesse ucciso lei il ragazzo sarebbe stata accusata. Ma essere uccisa? Anche quello è colpa sua! Per questo alcune donne russe hanno aggiunto l’hashtag non vogliamo essere accusate”.

Per paura di ritorsioni, la blogger non ha condiviso il suo vero nome ma la partecipazione che ha ricevuto è stata davvero copiosa “C’è così tanto potere, fiducia nella libertà e tanto dolore. Ogni donna merita di essere ascoltata. E le donne russe sono poco considerate”.

Più di 6.000 immagini dalla Russia e non sono state condivise con lo stesso hashtag nel giro di poche ore.

https://www.instagram.com/p/BeVD1RGDrDU/?utm_source=ig_embed

Post sprezzanti, con donne che condividono esattamente le stesse cose che hanno reso Tatyana bersaglio di accusatori: pose seducenti e alcolici.

https://www.instagram.com/p/BeUzDDKDRgT/?utm_source=ig_embed

“Smettete di dire che avete il diritto di ucciderci. Noi abbiamo il coraggio di vivere, fare sesso, bere alcolici e fare tutto ciò che vogliamo senza danneggiare gli altri. Questi orrori accadono indipendentemente da noi, non per colpa nostra. E nessuno, badate bene, nessuno può considerarsi salvo da questa minaccia” recita uno dei tanti post condivisi.

Alcuni, invece, parlano di paura.

https://www.instagram.com/p/BeasYqYhnYY/?utm_source=ig_embed

“E ho paura. Per me stessa, i miei amici, le donne intorno a me. Perchè se qualcosa del genere accadesse a noi, tutti guarderebbero ai nostri vizi, al numero di partner che abbiamo avuto, le foto che abbiamo pubblicato. Tutto a beneficio dei criminali che fanno queste cose in giro”.

Altri puntano il dito su un senso di mascolinità tossica.

https://www.instagram.com/p/Beat14ZnUnu/?utm_source=ig_embed

“Se credi che, mettendo le mani nelle mutande di una ragazza, diventerai un maschio alpha o che puoi convincere lei della cosa ho brutte notizie per te. Sei un mostro in termini morali. Se credi che uccidendo l’oggetto del tuo amore diventerai un eroe o un giusto salvatore, sei un mostro. Se violi i diritti di qualcuno o se lo costringi all’umiliazione, sei un mostro”.

Altre persone hanno deciso di unificare il richiamo dalla Russia a quello proveniente da Hollywood “Times up!” contro le barbarie venute fuori dall’industria del cinema.

https://www.instagram.com/p/BeVR01AHRLM/?utm_source=ig_embed

“Il tempo è scaduto! Terminiamo il tempo in cui le vittime di abusi e violenze sono misurate secondo i loro profili sui social networks. Accettiamo la libertà femminile di non amare, non volere, ignorare o rifiutare. Rispettiamoci. I criminali e non le vittime si giudicano”.

Il caso nasce a meno di un anno di distanza dalla depenalizzazione del governo russo del reato di abuso domestico. Più di 40.000 donne russe ne sono vittime ogni anno. Ogni 40 minuti una donna è uccisa all’interno dello spazio geografico nazionale.

Secondo @2day4night però le cose stanno cambiando: “Se avessi detto queste cose 5 anni fa non avrei avuto nessun tipo di supporto probabilmente”. Piccoli passi come parlarne sui social potrebbe portare un grande cambiamento sociale. “Un modo per costringere la società a puntare gli occhi sul problema e riconsiderare la donna”.

“Adesso abbiamo il diritto di parlare del nostro dolore. Ed è un buon primo passo”. 

 

 

 

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